Il Public Speaking dell’anima (parte prima)

Comunicazione: una delle parole d’ordine dei nostri giorni.

 

La comunicazione è sicuramente il più efficace e complesso strumento con cui gli esseri umani interagiscono, e per poter essere parte di una collettività, è senza dubbio l’unico a disposizione. Poche persone considerano importante imparare l’arte di comunicare in modo efficace tramite il discorso. Ogni giorno milioni di individui non riescono a comunicare le proprie opinioni o idee agli altri e restano così inascoltati.

 

Chi ha imparato a far giungere il proprio messaggio ha certamente più possibilità di esprimersi in qualsiasi situazione (ad es. discutere l’applicazione di un progetto, far accettare una proposta dal consiglio di amministrazione etc.). Anche nelle conversazioni interpersonali, chi sa parlare bene attira attenzione e rispetto.

Allo stato attuale sono necessari metodi nuovi per comunicare con sicurezza ed efficacia con collaboratori, colleghi, dipendenti, superiori e costruire un’immagine di sé, prima partendo dall’interno e poi trasmettendola all’esterno dell’organizzazione/sistema in cui si opera.

La scioltezza, la sicurezza di sé, la disinvoltura, l’empatia sono, in tutti i tipi di rapporto, un fattore chiave per la riuscita del proprio lavoro. Eppure, questi elementi, sembrano sgretolarsi soprattutto ne casi in cui un oratore si trova a dover relazionare innanzi ad una platea più o meno vasta.

 

L’arte di Parlare in Pubblico


 

Oggi, come da sempre, l’arte di sapere parlare in pubblico è un requisito di pochi e permane una paura, atavica, di tanti. E’ ormai risaputo che, generalmente, un buon discorso necessita di una struttura ben definita e contiene un certo numero di elementi specifici. Le fasi del discorso sono così suddivise:

  1. Attacco o “decollo”: l’oratore richiama l’attenzione del pubblico e fa una    panoramica generale dell’argomento che ha intenzione di trattare.
  2. Corpo del discorso o” volo”: l’oratore presenta al pubblico le informazioni o la propria tesi.
  3. Conclusione o “atterraggio”: l’oratore tira le fila delle informazioni presentate e lascia al pubblico degli spunti su cui meditare.

Chi ha seguito corsi di Public Speaking, o è esperto del tema, sa già che ogni singolo passaggio contiene in sè una serie di regole e strategie utili per rendere il discorso pubblico sempre più coinvolgente, appassionante e interessante.

In questo articolo desidero focalizzarmi SOLO sulla prima fase: “Attacco” o “decollo”.
Il mio intento è quello di analizzare il tema centrando la mia osservazione su due punti di vista apparentemente paralleli, di fatto convergenti:

  • Il punto di vista tecnico, che oserei definire “tradizionale”, appreso nel corso degli anni, durante il mio lavoro nel mondo della formazione;
  • Il punto di vista “spirituale”, che oserei definire della “nuova era”, appreso nel tempo e approfondito attraverso ricerche scientifiche, studi di settore e, sopratutto, esperienze dirette sul campo.

 

Visione tecnica – tradizionale

Quando l’oratore si alza per iniziare a parlare, il pubblico valuta innanzi tutto l’aspetto fisico e, in secondo luogo, le parole pronunciate nei primi istanti. Si tratta di attimi preziosi in cui l’oratore può contare sull’attenzione completa del pubblico, che in quel momento cerca di valutare se stare ad ascoltare oppure no.  Un metodo per attirare l’attenzione del pubblico consiste nel raccontare una notizia reale interessante, una statistica sorprendente, un breve aneddoto, una battuta o una citazione spiritosa. Quando il pubblico è attento, bisogna far notare che l’argomento non solo è interessante, ma anche pertinente alla sua esperienza e alle sue necessità, cercando di identificarsi con le aspettative dei presenti.

In secondo luogo, occorre dimostrare di essere una persona che ha qualcosa di valido e di interessante da dire.
E’ necessario dare una breve e semplice spiegazione dell’argomento che si intende trattare e e di ciò che si vuole ottenere (premessa ed obiettivi da raggiungere). Questi due ultimi elementi, definizione dell’argomento e degli obiettivi, devono aderrire all’interesse e alle necessità del pubblico.  Un buon attacco dovrebbe ispirare sicurezza, essere breve e semplice e abbozzando la forma del discorso, l’oratore dà al pubblico un’idea della strada da percorrere per giungere a destinazione e delle tappe intermedie su questo cammino. Chi ascolta è messo in grado di seguire il percorso e di sapere che cosa lo attende avvicinandosi alla destinazione. 

 

Visione pratica – spirituale

Quando l’oratore si alza per iniziare a parlare, il pubblico percepisce immediatamente la carica energetica del carisma interno. Ciò significa che, a livello inconscio, ne coglierà lo stato di sicurezza o insicurezza. Ne deriva un primo requisito essenziale: è opportuno che, colui che si appresta a relazionare, abbia già effettuato tutte quelle tecniche (visualizzazioni, rilassamento e respirazione) necessarie per ristabilire gli equilibri energetici interni, atti, facilmente, a sfociare in sintomi di ansia da prestazione, naturalmente colti (anche in modo inconsapevole) dalla platea.

In seguito, le prime parole pronunciate dall’oratore determinano il fascio energetico vibrazionale di partenza, ossia, la famosa “prima impressione” che impatterà su tutto il discorso successivo. Questo indica la necessità di scegliere con cura le parole: dovranno essere espresse con il cuore; è importante che risuonino fortemente con la parte interna. Meglio fare uso di termini propri piuttosto che utilizzare una terminologia fredda, impropria, esageratamente forbita, con il solo intento di “fare scena” e mostrare il proprio lato erudito. E’ importante che il “Public Speaker in azione” sia in grado di parlare DAVVERO CON IL CUORE; è essenziale che il discorso, che si appresta a fare, faccia parte della sua sfera “intima”, intesa come zona familiare e allineata a tutta la sua persona.

Si tratta di attimi preziosi in cui l’oratore può contare sull’attenzione completa del pubblico, che in quel momento cerca di valutare se stare ad ascoltare oppure no. 

Occorre AFFIDARSI ed essere consapevoli, dapprima, di trovarsi innanzi a quella platea SOLO perchè si ha lo scopo puro di trasmettere qualcosa di importante, vero, etico e funzionale per chi sta ascoltando. Se l’argomento che ci apprestiamo a delineae risuona DAVVERO con la nostra parte interna, niente e nessuno sarà in grado di scalfire alcun passaggio. Anche i più scettici o i famosi “seminar killer” si ritroveranno inglobati da un sistema energetico vibrazionale troppo forte da poter essere debellato.

Mentre  il pubblico è in ascolto, è fondamentale riuscire a coglierne, a livello percettivo/emotivo, sensazioni e stati d’animo. L’oratore deve essere in grado di comprendere, da subito, che non esiste alcun tipo di separazione  e /o scissione tra lui e il pubblico. Di fatto, costituiscono, insieme, un UNICO SISTEMA INTERAGENTE.

Eventuali critiche o giudizi non faranno altro che mostrare possibili carenze e dubbi dell’oratore stesso.
Nessun partecipante avrà modo di apporre critiche o giudizi se l’oratore serberà in sè sicurezza e prontezza, certe ed affidabili, dapprima per se stesso e poi per gli altri.

Egli non dovrà MAI dimenticare che, coloro che si apprestano ad ascoltarlo, non sono altro che uno specchio riflesso della sua interiorità ed individualità.

Questo è solo l’inizio!

Analizzeremo meglio, insieme, i risvolti Sprituali di un “Public Speaker”, che decide di parlare al suo pubblico, utilizzando corroborate tecniche e strategie comportamentali ed agendo attraverso l’ascolto della propria anima.

– Fine prima parte –

 

[Rifletti e … agisci con l’anima]
Donatella Di Mauro

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